Il Direttore Generale dell’ASL 1, Ernesto Esposito, a proposito del caso del ricovero di persona transessuale in un reparto maschile dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Napoli, comunica con una nota che il personale sanitario “si è dimostrato sensibile ai disagi della transessuale dotando il letto di un separè, non avendo disponibilità di stanze singole”.
Si ribadisce che:
a) sono dovute intervenire alcune donne attiviste trans, avvisate del ricovero della paziente, per improvvisare un separè con una coperta mentre essa veniva denudata, senza alcun rispetto per la sua dignità, davanti agli altri pazienti ricoverati nella stessa camera.
b) Solo dopo tale episodio, ed a seguito di un incontro con il dirigente sanitario, Dott. De Paola, che ha immediatamente compreso la delicatezza della situazione, è stata disposta la collocazione nel reparto di un paravento da utilizzare nel corso degli interventi sulla paziente.
c) Non è mai stato richiesto il ricovero della paziente in un reparto femminile, da nessuno, proprio perché consapevoli delle complessità connesse a casi come questo.
Nei precedenti comunicati Arcigay (comunicato 02aprile - comunicato 03aprile)ha anzi tenuto a ribadire come la questione dovesse essere affrontata in sede normativa, proprio per evitare che in futuro casi come questo abbiamo a ripetersi, e che si sia costretti ad intervenire in regime di emergenza confidando nella buona volontà e nella comprensione del personale di turno.
E’ proprio l’intervento in regime di emergenza che restituisce la sensazione, espressa dal dott. Esposito, che l’intervento delle Associazioni possa avere una connotazione “scandalistica” e non costruttiva.
Noi speriamo che non vi sia più la necessità di riaffermare in futuro, ancora una volta, che la dignità delle persone (e si intende naturalmente di tutte le persone) è un valore primario davanti alla quale non è ammessa alcuna deroga.
Un primo passo potrebbe essere quello della messa a punto di un disciplinare di buone prassi, in cui tra gli elementi di criticità che regolano il ricovero dei pazienti sia inserita anche l’identità di genere delle persone, a prescindere dal dato anagrafico. Per esempio riportare sulla cartella clinica, oltre al dato anagrafico, anche il nome proprio della persona, da utilizzare nel corso della degenza in tutte le relazione con il personale sanitario, predisporre, quando possibile, il ricovero in una camera singola (prassi che normalmente si cerca di perseguire anche per altre criticità), adottare, ove ciò non fosse possibile per indisponibilità di posti o di ambienti adeguati, tutte le attenzioni del caso per il salvaguardare la dignità della persona ed il comune senso del pudore.
Sono buone prassi da adottare per tutti i pazienti, a prescindere dalla specificità del caso di cui si tratta.

Napoli, 7 aprile 2014

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